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L’emergenza climatica svela panorami inaspettati… o forse no

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In tempi recenti, l’espressione "nuova normalità" è diventata parte integrante del vocabolario globale. Originariamente interpretata come un segnale di una fase di riassetto post-pandemico, oggi questa formula sta incontrando una realtà sempre più complessa che costringe continuamente a sfumarne i confini.

Effetto domino

Gli ultimi anni segnano un capitolo cruciale e complesso della storia contemporanea. Da qualche tempo, soprattutto negli ambienti digitali, c’è chi gli ha già assegnato un titolo: “Un’epoca di policrisi”. Una scelta di parole che sottolinea l’interdipendenza tra sfide economiche, ambientali, politiche e sociali.

Stando al The Global Risks Report 2023 pubblicato dal World Economic Forum, la società si sta confrontando con una serie di crisi concomitanti, alcune delle quali non sono nuove al vissuto globale.

Stiamo guardando qualcosa che sembra nuovo, ma allo stesso tempo stranamente familiare

Carolina Klint - Managing Director, Chief Commercial Officer Europe at Marsh McLennan

Da una parte, si è testimoni di forti tensioni geopolitiche, fra le quali spicca inevitabilmente la guerra in Ucraina che, oltre a esacerbare l'inflazione e la crisi energetica, ha riacceso vecchie rivalità, innescando un'ondata di tensioni internazionali con ripercussioni sia economiche che umanitarie su scala locale e mondiale. Un contesto, questo, in cui si inserisce anche la complessità del conflitto israelo-palestinese che ha radici storiche profonde difficili da estirpare. Scenari a cui si aggiungono l'aumento del costo della vita, le disuguaglianze economiche, il deflusso di capitali e i diffusi disordini sociali.

Queste tensioni sono accentuate da sviluppi relativamente nuovi nel panorama dei rischi globali, tra cui un rigido inverno demografico, livelli insostenibili di debito, un incremento dei reati informatici e della cyberwarfare, nonché una tendenza alla de-globalizzazione.

A fare da trait d'union tra il "vecchio" e il “nuovo”, c'è l’emergenza climatica-ambientale.

La salute del pianeta viene messa costantemente a dura prova: l'intensità crescente degli eventi climatici estremi, il riscaldamento globale e le variazioni nei pattern di migrazione e riproduzione di molte specie animali e vegetali, sono segnali inequivocabili di uno squilibrio crescente.

In questo senso, è necessaria una riflessione profonda sul rapporto uomo-natura. Un’analisi che guarda alla questione climatica andando oltre l’ovvia necessità di politiche di mitigazione e adattamento.

#Eco-Ansia

Cosa si prova quando si sente parlare di cambiamento climatico?

La complessità del fenomeno si manifesta su vari livelli: dal disequilibrio ambientale, all'effetto sulla coesione delle comunità, fino all'incremento dei migranti climatici. Se da un lato la necessità di interventi immediati per mitigare queste conseguenze diventa sempre più pressante, quando si parla di cambiamento climatico, la salute mentale potrebbe ancora non essere la prima cosa che viene in mente.

Pur riconoscendo l'importanza di affrontare le sfide ambientali e socio-economiche causate direttamente dal cambiamento climatico, è fondamentale non trascurare l'aspetto psicologico della questione.

A questo proposito, il nuovo Report “Headway - Mental Health Index 3.0” gioca un ruolo centrale, rispondendo alla domanda iniziale con un’analisi approfondita sull'argomento e le sue molteplici sfumature.

Headway è un’iniziativa realizzata dal think tank The European House – Ambrosetti in partnership con Angelini Pharma – parte di Angelini Industries –nata nel 2017 come piattaforma multidisciplinare per la riflessione strategica, l'analisi, il dialogo e il confronto tra le varie esperienze europee. L'obiettivo generale dell'iniziativa Headway – attraverso il Mental Health Index, che viene aggiornato annualmente – è quello di fornire un quadro multidimensionale della salute mentale nei Paesi europei (UE-27 + Regno Unito), per promuovere la qualità di vita dei pazienti migliorandone l’inclusione sociale.

Presentato lo scorso 25 ottobre al Parlamento europeo a Bruxelles da The European    House – Ambrosetti e Angelini Pharma, il Report “Headway - Mental Health Index 3.0” consta di 54 indicatori chiave di performance per valutare: 1) i determinanti della salute mentale, 2) lo stato di salute mentale della popolazione e 3) la capacità dei sistemi di rispondere ai bisogni della sanità, dei luoghi di lavoro, delle scuole e della società in generale.

La grande novità nell’analisi riguarda l’introduzione dei determinanti ambientali della salute mentale: ad esempio, tra questi fattori di impatto sul benessere della popolazione, rientrano la presenza di aree verdi urbane, l’inquinamento, le ore di luce. Ma non solo: i dati restituiscono un quadro preoccupante in relazione alla minaccia del cambiamento climatico, alla quale riporta di sentirsi esposto oltre 1 cittadino europeo su tre, anche in conseguenza di un aumento esponenziale dei disastri naturali. Con un impatto significativo anche in termini di salute mentale, evidenziato dal fenomeno dell’eco-ansia. 

Inoltre, il Report porta alla luce il concetto di policrisi, offrendo un excursus dettagliato delle cause e degli effetti che il fenomeno, nuovo solo all’apparenza, sta avendo sugli individui e le comunità. Nonostante il mondo sia sempre stato caratterizzato da una complessità intrinseca e non sia la prima volta che molteplici crisi si influenzano reciprocamente, ciò che distingue e rende particolarmente disorientante questa "epoca di policrisi" è l'incapacità di identificare una singola causa e, conseguentemente, una singola soluzione.

Nell'attuale scenario, ogni crisi è frutto di cause complesse e interconnesse e pertanto richiede una pluralità di soluzioni per essere affrontata efficacemente.

Così i conflitti geopolitici, le tensioni sociali e i disequilibri economici e ambientali influenzano la vita quotidiana di milioni di europei con effetti particolarmente pronunciati sui giovani, che risultano sempre più emotivamente coinvolti dall’urgenza climatica.

A questo proposito, il documento rileva che il 45% delle persone di età compresa tra i 16 e i 25 anni subisce in maniera significativa l’impatto dell’emergenza climatica da un punto di vista psicologico. È innegabile che questa situazione stia diventando una causa crescente di stress, che spesso colpisce in modo sproporzionato le comunità più esposte.

Sebbene i disturbi della salute mentale possano colpire chiunque, indipendentemente dalla nazionalità, dal contesto socioeconomico, dal genere o dall'etnia, i giovani e le popolazioni più vulnerabili possono sperimentare livelli di disagio sproporzionati e necessitare di maggiore sostegno

Maria Walsh, membro del Parlamento europeo per la circoscrizione Midlands-Nord-Ovest e host della presentazione del nuovo Report Headway

I fattori ambientali misurabili, come l’innalzarsi delle temperature e la peggiore qualità dell’aria,

le conseguenze dei cataclismi, come alluvioni, tempeste e incendi forestali, o derivanti da cause geologiche come terremoti ed eruzioni vulcaniche, influenzano il benessere psicologico degli individui. Anche gli ambienti urbani, con pochi spazi verdi ed elevati livelli di inquinamento acustico e atmosferico, sono fattori aggravanti.

Ma la questione è ancora più profonda. La sensazione di disagio psicologico non riguarda solo le situazioni post-traumatiche. Accanto all’impatto acuto che affligge principalmente coloro che sono soggetti a eventi estremi, i cambiamenti climatici possono compromettere la salute mentale anche di chi apparentemente non vive situazioni drastiche dal punto di vista ambientale.

È stato definito “eco-ansia”: un sentimento generazionale che provoca smarrimento, impotenza, frustrazione, angoscia. Un disturbo da stress “pre-traumatico" in cui il disagio mentale legato a eventi perturbanti imminenti, è avvertito prima che questi si verifichino. La maggior parte delle forme di eco-ansia non è clinica, ma può contribuire allo sviluppo o al peggioramento di condizioni di salute mentale preesistenti. Nei Paesi in cui gli effetti dei cambiamenti climatici sono già tangibili – in primis quelli mediterranei, tra cui l’Italia – l'impatto potrebbe essere ancora più forte.

Voglio che andiate in panico, proprio come lo sono io.

Greta Thunberg, attivista a favore dello sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico.

Secondo l’attivista, l’eco-ansia è la naturale conseguenza di un mondo che ha iniziato ad aprire gli occhi. È una reazione all'inazione politica. È indubbio, però, che la scelta della parola ansia in questo contesto riveli una complessità inedita, andando a evidenziare il legame ormai esistente tra cambiamento climatico e salute mentale.

Come “curare” la paura di un futuro sottratto e minacciato? L’attivismo consapevole è sicuramente una prima risposta, ma è sufficiente?

È essenziale guardare alla questione da un punto di vista più ampio, ma non per questo meno profondo. Per affrontare al meglio la sfida, è necessario intraprendere azioni politiche e sanitarie mirate che forniscano un sostegno completo ed efficace rispetto alla salute mentale dei cittadini. La crescente consapevolezza dei determinanti interconnessi della salute mentale sottolinea una verità ineludibile: l'approccio al benessere psichico deve essere coordinato e multidisciplinare. Ogni singolo elemento, dai comportamenti individuali alle strutture sociali e alle condizioni ambientali, gioca un ruolo determinante.  E a livello europeo, la situazione nei singoli stati membri si presenta ancora eterogenea.

In questo contesto, l’Headway - Mental Health Index funge da prezioso strumento di comparazione della gestione della salute mentale in UE e Regno Unito, offrendo ai decisori politici la possibilità di valutare interventi mirati per aumentare il benessere della popolazione, grazie alla sua capacità di catturare gli aspetti più critici per la salute mentale dei cittadini. La vera sfida non si limita alla cura, ma abbraccia i concetti di prevenzione e sensibilizzazione. Due tematiche di cui si parla spesso, ma a cui si dovrebbe dare maggiore concretezza, sviluppando strategie efficaci.

L'obiettivo, come comunità, individui e istituzioni, dovrebbe essere la creazione di una rete di sostegno tanto robusta e resiliente da offrire tutti gli strumenti necessari, o quasi, per saper accogliere e affrontare con consapevolezza anche l’inaspettato.

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